Un’Arca per i ragazzi della strada
A cura di Marco Fantoni
Una nuova collaborazione con l’Ordine dei Padri Somaschi,
che nella nostra diocesi sono sempre stati presenti.
Con loro abbiamo sostenuto un progetto per accogliere bambini e bambine della
strada a Kandy, nello Sri Lanka.
Un
sostegno per un obiettivo analogo lo abbiamo da poco
concesso, con un importo di USD 11’000, ad un’opera che è in corso dal 1997
nella città colombiana di Pasto, che accoglie ragazzi e ragazze di strada.
Si tratta del progetto “Arca di Noè” diretto da
Cesare Cattini, un laico impegnato da tempo
con i Padri Somaschi. In un’intervista ci racconta
la quotidianità del suo lavoro.
Quando nasce il progetto Arca di Noè?
Il progetto parte nella primavera del 1997 con l’obiettivo di accogliere ragazzi
e ragazze di strada della città di Pasto, situata
nel sud-est della Colombia. All’inizio abbiamo avuto non poche difficoltà
a decollare, sono state raccolte firme per cacciarci, poi siamo stati “accettati”
e abbiamo potuto sviluppare il nostro progetto. Il progetto Arca di Noè,
nato sfidando la provvidenza e a volte il buon senso, ha resistito a tremende
crisi economiche che lo hanno portato alle soglie della chiusura per ben tre
volte.
All’inizio
abbiamo verificato che il ragazzo di strada non è
un problema, ma è il risultato di una situazione sociale, quindi come classe
sociale merita di essere considerata al pari di ogni altra,
sostenuta, aiutata e tutelata. Partendo da questa considerazione, si
è sviluppato il progetto globale “Arca di Noè” che si pone come obiettivo quello di offrire una nuova
proposta integrata per passare da “problema” a “promozione” di una nuova vita,
dove il ragazzo di strada ha semplicemente il diritto di vivere con pari possibilità
dei suoi coetanei.
In che realtà operate?
In una realtà che nell’Europa occidentale è praticamente
sconosciuta: quella del fenomeno sociale dei ragazzi di strada. È molto diffuso
nei Paesi dell’Est europeo e in Sud America, soprattutto in Brasile e Colombia.
Qui, il tasso di povertà è calcolato nella misura del 52% per chi vive in
zone urbane e dell’83% per chi vive in zone rurali,
in condizioni estreme e prive delle necessità primarie per la sopravvivenza.
La città di Pasto, in cui operiamo, è oramai da anni fra le prime città con il più alto numero di morti violente per liti di “calle” e scippi; la problematica dei ragazzi di strada ha purtroppo raggiunto livelli incontrollabili come nel resto del Paese.
Le azioni armate contro guerriglia e paramilitarismo hanno avuto una ripercussione sulla popolazione civile che è stata costretta a lasciare casa e terra per non essere coinvolta in una guerra civile a tutti gli effetti. Ed è con questa nuova popolazione che la città si deve confrontare. Secondo alcuni dati dell’Associazione Movimundo, che opera per conto della Unione Europea ed in collaborazione con la Diocesi di Pasto e l’O.I.M. (l’Organizzazione mondiale per l’immigrazione) a Pasto sono registrate più di 1900 famiglie di profughi, tutte ubicate nei quartieri più poveri della città. Oltre a questo vi sono circa 200 ragazzi che vivono in strada e che sono stati inviati dalle famiglie di origine, per lo più campesinos, in città, perché il pericolo fisico e la assoluta insicurezza economica non permetteva loro di garantire ai figli una vita quantomeno decente.
È in questa situazione sociale di violenza sempre più crescente che vivono i nostri ragazzi
Cosa offrite col vostro progetto?
La proposta “progetto globale Arca di Noè” si sviluppa
su tre livelli:
“La punta dell’iceberg”, attenzione immediata ai muchachos de la calle, si pone come obiettivo quello di essere un punto preciso di riferimento e di ascolto delle loro necessità primarie offrendogli un pasto, una doccia calda, un letto e se necessita, vestiario e attenzione medica. Ha come priorità il riproporre un ambiente familiare, all’interno del quale ognuno ha un proprio ruolo e delle responsabilità assunte attraverso una metodologia relazionale che si basa sul “fare con” e non sul “far fare” al ragazzo.
“La grande famiglia”, reinserimento familiare rivolto ai muchachos en la calle con una famiglia problematica alle spalle. Analizzando le difficoltà del ragazzo che risiederà nella struttura, lo si accompagnerà nelle sue attività quotidiane, siano esse scolastiche o lavorative in una prima fase, per poi analizzare le problematiche familiari così da individuare un processo di reinserimento graduale nella famiglia. Il risiedere nella struttura non lo si intende come un internato, dove la famiglia delega ad altri l’educazione del proprio figlio, ma ha come obiettivo una interazione tra ragazzo/famiglia che lo staff dell’Arca di Noè ha il compito di facilitare.
“Verso una nuova cittadinanza”, laboratori lavorativi protetti in cui vengono inseriti dei ragazzi già coinvolti nel progetto “La grande famiglia”, finalizzati all’apprendimento di un mestiere per educare e formare ragazzi al lavoro come forma di sostentamento e stile di vita. Una volta appresi i diversi livelli del ciclo produttivo, si specializzano in una parte di esso lavorandovi così da ricevere un compenso pari alle loro capacità. “Scuola aperta” progetto di scolarizzazione primaria con il riconoscimento del Ministero della pubblica istruzione. È nato perchè da verifiche, ci siamo accorti che il progetto globale Arca di Noè corre il rischio di formare, sì buoni lavoratori, ma che mancano completamente di una base culturale. I ragazzi che frequentano il centro sono totalmente analfabeti avendo più o meno tutti provato l’allontanamento dalla scuola “ufficiale”. Con questo progetto di educazione non formale cerchiamo, con una metodologia basata sul gioco, di offrire ai ragazzi di strada la possibilità d’imparare a leggere ed a scrivere.
Quante persone usufruiscono dell’Arca di Noé?
Dal mese di gennaio al mese di dicembre
del 2001 il Centro di accoglienza notturno Arca de Noé
ha registrato 6.953 presenze di ragazzi,
con una media mensile di circa 577 presenze. Abbiamo continuato
con differenti attività organizzate
e coordinate da gruppi di studenti universitari volontari, riuscendo ad avere
un appoggio ufficiale dall’università statale. Quest’anno poi, sono continuati due laboratori: quello di musica e quello sulla
tecnica della “cera persa”, antica tradizione indigena per la fabbricazione
dei gioielli. Il laboratorio di musica è un vero e proprio corso di chitarra
con piccole rappresentazioni per la strada o sugli autobus.
Il lavoro con la “cera persa” si è a poco a poco trasformato in un laboratorio artigianale dove si realizzano piccoli collari e braccialetti con figure indigene che avvicinano i ragazzi alla conoscenza e riscopertine/coperta delle proprie tradizioni.
Oltre a questi due laboratori di tipo pratico si continuano a realizzare serate dedicate alla prevenzione e informazione su temi quali la sessualità, le malattie veneree, l’AIDS ma anche la famiglia, i vincoli affettivi, i valori. Queste serate sono organizzate dall’area psicosociale e sono inserite in un ampio progetto di prevenzione che si sviluppa coinvolgendo tutti i ragazzi che seguono i diversi programmi offerti dall’Arca di Noè e alle loro famiglie.
La popolazione del Centro di prima accoglienza è costituita da un gruppo di ragazzi, circa 20, che rappresentano un gruppo stabile nelle differenti attività e proposte e vi è un gruppo di circa 10-12 giovani che varia tutte le notti.
Alla formazione scolastica, partecipano alla scuola elementare circa 30 tra bambini, bambine e giovani.
Alla formazione lavorativa nei nostri laboratori partecipano giornalmente circa 75 ragazzi.
L´analisi di queste cifre ci fa affermare che complessivamente con i suoi servizi il Centro Arca di Noè arriva a copertine/coprire un popolazione giornaliera stimata intorno ai 105 bambini, bambine e giovani per 365 l´anno. (Non é semplicemente una somma aritmetica perchè ci sono alcuni bambini, bambine e giovani che partecipano a più di un programma).
Qual è la vostra pedagogia, l’approccio con gli accolti?
La definizione Centro di accoglienza e formazione integrale è quella che più
spiega la missione dell’Arca di Noè, accogliere
giovani abitanti della strada e offrire loro una formazione integrale. Abbiamo
cominciato il 2001 dando vita e funzionamento a pieno regime a due laboratori
di formazione lavorativa, uno di meccanica di motocicletta, diretto a 30 giovani
ed uno di sistema, diretto a 45 giovani. Questi laboratori hanno dato vita
ad un progetto di prevenzione al consumo di sostanze psicoattive,
per giovani abitanti della strada e “desplazados”
(profughi) per il conflitto armato, ricevendo il finanziamento dell’Organizzazione
Nazioni Unite (ONU) attraverso l’Organizacion Internacional de la Migracion (OIM) che è il settore dell’ONU che si occupa della
problematica.
Siamo dunque stati costretti ad iniziare un lavoro di strada molto intenso con visite familiari e individuazione della popolazione accolta nei loro settori o quartieri che sono veri e propri campi profughi.
I ragazzi inseriti nel progetto globale “Arca di Noè” sono seguiti in tutte le sue fasi da un tutore che costruirà un progetto personale con il ragazzo e lo accompagnerà collaborando, prima con gli educatori del progetto “Il mondo capovolto” e poi con il maestro di laboratorio del progetto “Verso una nuova cittadinanza”. Ha inoltre il compito di verificare periodicamente con il ragazzo la sua crescita fino a valutarne la definitiva uscita dal progetto.
Gli educatori collaborano in qualità di responsabili della crescita di ogni ragazzo con lo staff operativo dell’Istituto “Sant’Angel” (Centro di Protezione Speciale), in quanto capita, non di rado, che i ragazzi per piccoli reati vi vengano affidati. Collaborano inoltre con lo staff del progetto “Talitá Kum” (Centro di accoglienza diurno per tossicodipendenti) nel caso in cui i ragazzi facciano uso assiduo di sostanze stupefacenti.
Tutti questi interscambi d’informazioni sul ragazzo hanno come unico obiettivo una sua crescita armonica e l’accrescimento della sua autostima. Si evince che il centro del nostro operare pedagogico-educativo è il ragazzo con le sue paure, le sue fatiche, le sue gioie e le sue angosce.
In questo progetto il personale è qualificato e preparato per poter rispondere a tutte le problematiche del ragazzo pre-adolescente ed adolescente.
Quali sono i rapporti con le autorità locali?
Con il Municipio grazie ad un grande lavoro di partecipazione
democratica, abbiamo non solo sensibilizzato, ma anche siamo riusciti con
altre ONG a formare un tavolo di concertazione delle politiche sociali che
ha portato alla creazione della segreteria delle politiche sociali. Questo
oltre ad un successo per i nostri ragazzi ci ha portato a formulare una proposta
per il 2002 dove il Municipio ci ha offerto un contratto per 25-30 rette per
l’accoglienza notturna e per 70 borse di lavoro per ragazzi di strada, desplazados,
tossicodipendenti ed ex tossicodipendenti, nei nostri laboratori.
Sotto questo punto di vista siamo veramente soddisfatti perchè gli anni passati a lavorare nel silenzio, arrabbiandoci molto per una politica sociale inesistente, generata da una amministrazione che ci obbligava a racimolare fondi fuori dallo stato colombiano, sono stati riconosciuti. La strada è ancora lunga e avremo ancora bisogno di tutti quegli amici che ci hanno aiutato fino ad ora, ma le prospettive sembrano essere più aperte e la speranza comincia a fiorire per lo meno per i nostri ragazzi.
Un impegno dunque a 360 gradi che ultimamente è appunto sfociato nella collaborazione con l’autorità comunale di Pasto, la quale ha offerto di sostenere 25 rette a favore di altrettanti ragazzi e ragazze. Caritas Ticino è stata sollecitata a finanziare la fornitura della dotazione (letti, lenzuola, materassi, materiale per la cucina, ecc.) per poter accogliere questi 25 nuovi candidati, visto che fino ad oggi la possibilità era per soli 15. La condizione posta infatti dalle autorità era che il minimo di utenti fosse di 25 persone.